Ciao a tutti,
una notizia è passata un po' in sordina, in questi giorni: la morte di Paolo un ragazzo di appena 14 anni che si è tolto la vita nella sua cameretta con il laccio di una trottola. Sicuramente la giustizia farà il suo corso, ma una cosa è certa: quello che è successo con Paolo ci ha scosso profondamente.
La sua scelta dolorosa ci mette davanti a una verità che non possiamo ignorare: nessuno dovrebbe sentirsi così solo o non accettato da arrivare a pensare che la vita non valga più la pena di essere vissuta.
Cari ragazzi e ragazze, per questo dobbiamo fermarci e riflettere. Ognuno di noi ha il potere di rendere migliore la vita dell’altro: basta un sorriso, una parola gentile, una mano tesa. Dobbiamo imparare a rispettarci, ad accogliere chi è diverso, ad apprezzare le piccole cose che rendono ogni giorno bella la vita. Non è debolezza volersi bene: anzi, è la nostra forza più grande.
Purtroppo tante volte si comincia col sentirsi migliori, trincerandosi dietro l'indifferenza, iniziando a prendere le distanza dagli altri con la derisione, lo scherno, gli spregi sul corpo o sull'orientamento sessuale, gli epiteti che ti segnano fin nel profondo; lo si fa protetti dalla sufficienza di chi, più adulto o perfino con un ruolo educativo, pensa: "in fondo è una goliardata".
Cari genitori, i nostri figli hanno bisogno di sentirsi amati e protetti ogni giorno. Se a casa sperimentano calore e ascolto, impareranno a portarlo anche fuori, con i compagni e gli amici. L’amore che ricevono diventa amore che sapranno donare.
Facciamo in modo che il ricordo di Paolo e di tutti gli altri bambini e ragazzi vittime di bullismo diventi per noi un invito a cambiare, a non girarci mai dall’altra parte, a denunciare gli episodi di violenza senza sentirci colpevoli. Insieme possiamo costruire un ambiente dove nessuno si senta escluso e dove la vita venga sempre accolta come il dono più prezioso che abbiamo.
Il celebrante che ha presieduto il funerale nell'omelia ha detto "Paolo ti chiediamo scusa se non ti abbiamo capito", io non penso che si debba chiedere scusa a Paolo o a quelli che sono morti prima di lui e come lui, non se ne fanno niente delle nostre scuse. Io devo chiedere scusa, piuttosto, ai miei nipoti, ai miei ragazzi, a voi che vivete la nostra Comunità, a chi riveste un ruolo educativo... perché per troppe volte ho dimenticato di dirvi di amare, di accogliere, di rispettare soprattutto quelli che sono più distanti da noi, dalle nostre idee, dal nostro stile di vita, dalle nostre sensibilità.
Che la morte di Paolo diventi un appello alle nostre coscienze. Non sprechiamo questa occasione di crescita: impariamo a prenderci cura gli uni degli altri. Solo così potremo costruire una comunità più umana, più giusta e più bella, perché l'identità più forte si costruisce con la condivisione della molteplicità delle differenze e non con l'imposizione dell'unicità e dell'omologazione.
Don Giuseppe Amato