31 Aug
31Aug

Torno nuovamente su questo tema perché nei giorni scorsi il dibattito seguito all’intervento della Presidente del Consiglio al Meeting di Rimini ha riacceso il confronto sul ruolo storico e attuale dei cattolici in politica. 

Non entro nel merito delle valutazioni della Meloni sull’andamento del Paese, ma mi soffermo su un passaggio fondamentale, sia per il contesto nel quale è stato pronunciato, sia per l’uditorio al quale si è rivolta, che va al di là delle porte di un evento che per storia e tradizione è stato sempre vicino al Governo. 

In una delle chiose finali così si è espressa la Presidente del Consiglio: “Voi, che siete rimasti fedeli al carisma del vostro fondatore, non avete mai disprezzato la politica. Anzi. Non vi siete rinchiusi nelle sacrestie nelle quali avrebbero voluto confinarvi, ma vi siete sempre “sporcati le mani”. Declinando nella realtà quella “scelta religiosa” alla quale mezzo secolo fa altri volevano ridurre il mondo cattolico italiano, e che San Giovanni Paolo II ha ribaltato, quando ha descritto la coerenza, nella distinzione degli ambiti, tra fede, cultura e impegno politico”. Questa affermazione ha di fatto, immediatamente contrapposto l'uditorio di CL (Comunione e liberazione) a quello dell'AC (Azione Cattolica). 

Chi conosce la storia del movimento cattolico in Italia sa che da sempre CL si è mostrata vicino alle politiche del centro destra, mentre L'AC a quelle del centro sinistra, non dimentichiamo che fu proprio Aldo Moro uno degli attori del compromesso storico. Ma questa è una semplificazione giornalistica!

Nel panorama politico italiano, la presenza dei cattolici è stata una costante, dalla Resistenza fino alla formulazione della Carta costituzionale, per poi proseguire in tutto l’arco storico politico fino ai nostri giorni. Non si tratta solo della forza dei grandi partiti d’ispirazione cristiana, ma di un tessuto diffuso di persone che, formate all’interno delle parrocchie e delle associazioni, hanno poi portato nelle Istituzioni uno stile e un bagaglio culturale ben riconoscibili. 

Tra queste realtà, l’Azione Cattolica ha avuto un ruolo particolare. Negli anni ’70, in pieno clima di trasformazioni sociali e culturali, l’associazione compì una scelta che a molti parve sorprendente: la cosiddetta SCELTA RELIGIOSA. In un’Italia segnata dai conflitti ideologici, dalla crisi dei partiti e dall’avanzare della secolarizzazione, l’AC decise di mettere al centro non la politica in senso stretto, ma il primato della Parola, la formazione, il servizio, la promozione umana e l’evangelizzazione a partire dagli stessi aderenti e avendo come bussola il Magistero della Chiesa. Una decisione che non significò disimpegno, anzi. 

La convinzione di fondo era semplice: per essere cittadini credibili e protagonisti nella vita pubblica, i cattolici dovevano prima di tutto essere radicati nella propria identità cristiana. Solo così avrebbero potuto portare nel dibattito politico uno sguardo libero, capace di pensare al bene comune più che agli interessi di parte. 

I frutti di quella scelta si videro negli anni successivi. Molti esponenti che entrarono nei consigli comunali, nelle assemblee regionali e persino in Parlamento erano passati per i gruppi di AC. Non si trattava solo di “credenti in politica”, ma di persone abituate al dialogo, al confronto, alla corresponsabilità. In altre parole, a un modo diverso di fare politica. 

Guardando oggi a quella stagione, la scelta religiosa dell’Azione Cattolica appare come una scommessa lungimirante: rinunciare a essere un “serbatoio di voti” immediato per diventare invece una scuola di cittadini responsabili. Una palestra di democrazia che ha dato un contributo silenzioso ma fondamentale alla vita della Repubblica. 

Oggi il mondo cattolico, si è condannato all’irrilevanza, sia perché la Chiesa stessa ha smesso di formare all’impegno politico, sia perché quelle coscienze libere e profetiche, costruite negli anni, si sono appiattite alle discipline di partito, o sono state messe a tacere a vantaggio di un fair play istituzionale che ha fatto guadagnare solo qualche beneficio immediato.

I cattolici non sono più riconducibili e riconoscibili per un contenitore comune che li rappresenti, hanno rinunciato a portare avanti quegli ideali evangelici declinati nel Magistero della Chiesa, eppure, vengono branditi come trofei, come bandierine da sventolare all'occorrenza da questa o quell’altra parte per spostare di qualche punto percentuale l’asticella del consenso. Non siamo stanchi di tutto ciò?

Io credo che oggi la questione sia non tanto sulla quantità della loro presenza sulla scena politica ma sulla qualità della loro coscienza. Su questo la Chiesa deve interrogarsi!

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