Dialogando con i giovani o seguendo i loro modelli sui social mi sono accorto che siamo in una nuova fase della loro identificazione, credo, infatti, che siamo passati dalla GENERAZIONE Z alla GENERAZIONE F dove la lettera sta per fragile.
Negli ultimi anni si è registrato un aumento significativo del numero di giovani che ricorrono al supporto psicologico o all’uso di psicofarmaci per affrontare stati di ansia, depressione, insicurezza e stress. Quello che una volta veniva percepito come un segno di debolezza oggi è divenuto, fortunatamente, un gesto più comune e socialmente accettato: chiedere aiuto. Tuttavia, dietro questa tendenza si nasconde, appunto, una fragilità profonda e diffusa, che merita di essere analizzata nelle sue radici e nelle sue implicazioni.
Ho provato a raccogliere alcune ragioni di questa crescente vulnerabilità psicologica, esse sono molteplici e interconnesse. In primo luogo, la società contemporanea impone ritmi di vita frenetici e modelli di successo difficilmente raggiungibili. I giovani si trovano costantemente sottoposti a pressioni sociali e familiari, chiamati a “realizzarsi” in tempi brevi, a ottenere risultati eccellenti e a costruirsi un’identità coerente in un mondo in continua trasformazione, spesso lontani dalla vita reale sempre più radicati nella vita virtuale.
A questo, quindi, si aggiunge l’impatto dei social media, che amplifica il confronto con gli altri e favorisce la nascita di sentimenti di inadeguatezza e isolamento. Le vite perfette esibite online, filtrate e idealizzate, finiscono per minare l’autostima e alimentare l’idea che la felicità sia un obiettivo da raggiungere più che un percorso da costruire.
Un altro fattore è l’incertezza economica e lavorativa. L’assenza di prospettive stabili, la precarietà occupazionale e il timore di “non farcela” generano un senso diffuso di ansia e impotenza.
Anche il cambiamento dei modelli familiari e sociali gioca un ruolo importante: famiglie meno coese, rapporti interpersonali più fragili, difficoltà nel dialogo tra generazioni e la perdita di punti di riferimento solidi contribuiscono ad accentuare la sensazione di smarrimento.
Infine, la pandemia da Covid-19 ha rappresentato un ulteriore spartiacque. L’isolamento, la didattica a distanza, la paura e la perdita del contatto umano hanno lasciato segni profondi nella psiche dei più giovani, amplificando disturbi preesistenti o generandone di nuovi.
Di fronte a tali difficoltà, molti giovani scelgono di rivolgersi a psicologi, psicoterapeuti o psichiatri. Si tratta, senza dubbio, di un segnale positivo: riconoscere la propria fragilità e chiedere sostegno è un atto di consapevolezza e maturità.
Tuttavia, il ricorso crescente agli psicofarmaci, spesso anche in età adolescenziale, solleva interrogativi delicati. In alcuni casi, infatti, essi vengono prescritti con eccessiva leggerezza, rischiando di diventare una risposta rapida a problemi che richiederebbero percorsi più profondi e personalizzati.
Anch’io, come molti della mia generazione, ho conosciuto il valore e i limiti del sostegno psicologico.
Un anno dopo la morte di mia madre, ho sentito il bisogno di affidarmi a una psicoterapeuta per cercare di comprendere e “decostruire” il dolore che mi portavo dentro. Quel percorso mi ha aiutato a dare un nome alle emozioni, a riconoscere la rabbia, la nostalgia e il senso di colpa che mi abitavano. È stato un momento fondamentale per prendere coscienza di ciò che mi era accaduto e per accettare, poco alla volta, la perdita.
Tuttavia, con il tempo ho compreso anche i limiti di quell’aiuto: la psicoterapia mi aveva insegnato a capire il dolore, ma non necessariamente a vivere di nuovo con leggerezza e soprattutto nel mio stato di vita sacerdotale.
La ripresa della quotidianità, il ritrovare gusto nelle piccole cose, il ricominciare a progettare — tutto questo restava un passo ulteriore, che nessuna analisi o seduta poteva compiere al mio posto. Era un lavoro più profondo, che richiedeva tempo, relazioni, esperienza, e anche una certa dimensione spirituale.
Uno degli aspetti spesso trascurati nell’assistenza psicologica moderna è proprio la dimensione religiosa o spirituale. Per molti giovani, la fede o anche solo il bisogno di dare un senso trascendente all’esistenza rappresenta una parte importante della propria identità interiore.
Tuttavia, la psicologia contemporanea tende a considerare la religiosità come un elemento secondario o addirittura come un residuo culturale, invece che come una possibile risorsa per affrontare il dolore e altre fragilità. Il rapporto con la fede, anche se complesso e non privo di conflitti, può invece costituire uno spazio di significato, una lente attraverso cui comprendere il proprio vissuto e ritrovare equilibrio.
Pur rappresentando un importante strumento di sostegno, l’assistenza psicologica non è priva di limiti.
Innanzitutto, non sempre è accessibile a tutti: i costi delle sedute private e la scarsità di servizi pubblici adeguati rendono difficile un trattamento continuativo. Inoltre, la qualità del supporto può variare notevolmente a seconda della formazione del professionista e dell’approccio terapeutico adottato. Un altro limite riguarda la tendenza alla medicalizzazione del disagio, che rischia di ridurre la sofferenza umana a una semplice questione chimica, trascurando le dimensioni sociali, affettive, morali e spirituali della vita. Spesso, inoltre, l’intervento psicologico arriva troppo tardi, quando il disagio è già radicato e cronico, e non si lavora abbastanza sulla prevenzione e sull’educazione emotiva fin dall’infanzia.
In conclusione, a fragilità dei giovani di oggi non è segno di debolezza, ma il sintomo di una società che ha smarrito il senso dell’equilibrio, dell’ascolto e della lentezza. Occorre restituire ai ragazzi spazi di dialogo autentico, fiducia e tempo per crescere senza l’ossessione della prestazione. L’assistenza psicologica può e deve essere un valido aiuto, ma non può sostituirsi al compito collettivo e anche spirituale di costruire una cultura della salute mentale che metta al centro la persona nella sua interezza: corpo, mente, spirito e anima.