15 Sep
15Sep

Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa ha conosciuto una stagione di grande fermento. Nacquero o si consolidarono numerosi movimenti e associazioni ecclesiali – dal Cammino Neocatecumenale a Comunione e Liberazione, dal Rinnovamento nello Spirito a Sant’Egidio, prima ancora si era consolidata la presenza dell’Azione Cattolica – capaci di dare voce a un bisogno di comunità, di partecipazione laicale e di annuncio che le parrocchie tradizionali spesso non riuscivano a soddisfare. 

Per migliaia di fedeli questi luoghi sono stati scuole di preghiera, fraternità e impegno sociale, occasioni di crescita e maturazione del proprio cammino di fede. Giovanni Paolo II non esitò a definire i movimenti una “primavera dello Spirito”, e Benedetto XVI sottolineò più volte come rappresentassero “la novità sempre attuale della fede”. 

La loro peculiarità consisteva nella capacità di parlare al cuore delle persone, di renderle partecipi attraverso percorsi di formazione e impegno, in esse si riscontrava un linguaggio vicino a quello della vita quotidiana di famiglie, giovani, ragazzi, spiriti inquieti e in ricerca. 

Qualche giorno fa mi sono imbattuto nella lettura di un articolo, nel quale l’autore riportava questa considerazione: “Se da un lato esistono centinaia di movimenti e associazioni in Italia, la partecipazione attiva si mantiene su bassi livelli rispetto al totale dei cattolici praticanti. Questo suggerisce che molte realtà restano marginali o caratterizzate da una forte componente di simpatia, più che da coinvolgimento stabile” (Michele Genisio, CITTA’ NUOVA, Marzo 2025)

Nel mondo, il numero dei cattolici battezzati nel 2023 è salito a 1,406 miliardi di fedeli, con un aumento dell’1,15% rispetto al 2022, dato confermato anche nel 2024. In Italia si stima che solo il 10% dei cattolici praticanti regolari partecipi attivamente a movimenti, gruppi o associazioni ecclesiali. 

Tuttavia, non mancano le ombre. Spesso, alla scomparsa dei fondatori – figure carismatiche capaci di unire e di suscitare entusiasmo e dedizione – i movimenti hanno mostrato segni di fatica, fino a rischiare una progressiva perdita del loro carisma originario. Senza la presenza di chi ha saputo ascoltare lo Spirito e rispondere in maniera profetica, alcune realtà hanno imboccato la via di una gestione burocratica e autoreferenziale mantenendo esclusivamente uno spirito di appartenenza campanilistico.

Un altro limite emerge nelle chiusure interne. Anziché custodire il dono ricevuto, finiscono per irrigidirlo. Troppo spesso, in alcune esperienze, si è passati da spazi di libertà e fraternità a luoghi in cui prevale l’esercizio del potere, talvolta con dinamiche di controllo e di esclusione, più che con uno spirito di servizio e di annuncio. Così, ciò che avrebbe dovuto essere segno di comunione e testimonianza evangelica rischia di trasformarsi in un ostacolo. 

Nel 2021 il Dicastero per i Laici su indicazione di Papa Francesco ha persino imposto limiti di mandato ai vertici di associazioni e movimenti proprio per evitare derive autoritarie. Non pochi fedeli esternano esperienze negative frutto di situazioni di chiusura, controllo e scarsa trasparenza che hanno ferito la credibilità delle comunità e hanno provocato di fatto un'emorragia verso un cammino personale nel migliore dei casi, in un allontanamento nel peggiore dei casi. 

Oggi, dunque, la domanda resta aperta: quale posto hanno i movimenti e le associazioni nella Chiesa del XXI secolo? Sono ancora spazi di freschezza evangelica o rischiano di trasformarsi in recinti autoreferenziali? 

La provocazione non è secondaria: la loro sopravvivenza non dipenderà dalla forza delle strutture, ma dalla capacità di tornare a essere strumenti al servizio dell’unico annuncio che conta, quello del Vangelo.

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