Negli Stati Uniti la politica si muove in un territorio ambiguo, dove la religione tante volte diventa parola d’ordine, ma sempre più spesso svuotata del suo contenuto evangelico. Non dimentichiamo l’immagine del Presidente Trump, seduto nello studio ovale, mentre una serie di predicatori di varie sette imponevano le mani all’inizio del suo mandato presidenziale.
Di questa politica purtroppo oggi la nostra classe dirigente, ahimè, troppo spesso, rimane ammaliata. Il risultato è un sincretismo politico che mescola spiritualismo, nazionalismo e una retorica dell’odio, in cui la fede si trasforma più in arma che in cammino di fraternità.
Basta ascoltare figure come Charlie Kirk, che in questi anni si è imposto come volto mediatico del conservatorismo più aggressivo: nei suoi comizi e podcast si invoca Dio, si cita la Bibbia, ma subito dopo si alimenta un linguaggio di scontro, esclusione, rancore. La sua morte rimane orribile e come ogni morte da condannare con forza perché, quando si muore così non lo si fa per colore di partito, ma solo perché vittime dell’odio.
Dobbiamo dire, però, che è stato il volto di un sincretismo pericoloso e mi dispiace constare che alcuni politici cattolici, o sedicenti tali, lo assurgano a modello, purtroppo anche qualche confratello sacerdote, forse, sperando nel like mediatico piuttosto che esercitando il suo ministero educativo.
Questo spiritualismo da palcoscenico e odio per l’avversario, religiosità gridata e settaria poco o nulla ha a che fare con il Vangelo. Negli Stati Uniti, dove le grandi Chiese storiche perdono terreno, proliferano infatti comunità e movimenti che brandiscono la fede come arma politica (un po’ come un rosario su un palco dopo aver gridato: “cacciamo l’immigrato”. Cristo ridotto a slogan, il pulpito trasformato in tribuna elettorale, Dio, patria e famiglia branditi contro la “falsa Chiesa” che accoglie chi cerca una patria, promuove la famiglia che sempre meno può riporre speranza di un futuro sereno privo di forti diseguaglianze sociali.
Il paradosso è lampante: si difendono i “valori cristiani”, ma si tradiscono le Beatitudini. Si predica la “legge di Dio”, ma si dimentica la sua misericordia. Si invoca la famiglia, ma si calpestano i poveri, i migranti, i fragili. È un cristianesimo piegato a ideologia, che finisce per negare ciò che afferma di custodire.
Per i cattolici impegnati in politica – sia in America che altrove – la rotta rimane invece chiara: la Dottrina Sociale della Chiesa. Non potere, ma servizio. Non esclusione, ma accoglienza. Non odio, ma condivisione. È l’unica bussola capace di distinguere la fede autentica dall’uso strumentale della religione.
In un contesto, in cui la politica americana sembra sempre più dominata dal culto della forza e dalla logica del nemico, il compito dei cristiani è ricordare che il Vangelo non è un’arma da impugnare, ma una via da vivere. Ed è proprio lì, tra i più deboli e dimenticati, che la fede ritrova la sua verità e il Vangelo il terreno fertile per la promozione del Bene Comune fondato su solidarietà e sussidiarietà.